È diventato un mantra nelle teorie della leadership e gestione dei team.
A mio parere è una bufala, una mistificazione pseudo religiosa.
La fiducia, soprattutto in prima conoscenza, va conquistata (e poi rinforzata) non è un diritto acquisito dalla nascita.
La fiducia ha bisogno di fatti ed evidenze concrete e ripetute costantemente nel tempo.
Credere per credere ci da la suadente percezione di essere migliori ma non aiuta il fiduciario a crescere e noi ad essere delle guide efficaci.
Dobbiamo uscire da una visione olistica, paternalistica e filosofica delle relazioni e convincerci che usare anche la nostra parte razionale non è “essere cattivi” ma considerare che qualsiasi rapporto deve essere bilanciato per non essere, alla lunga, tossico.
Non si tratta quindi di non comprendere o non dare le giuste chance a collaboratori e partner ma nemmeno immaginare che, nonostante insuccessi ed errori, uno meriti sempre di essere sostenuto, a prescindere.
Se vogliamo un mondo migliore dobbiamo avere il coraggio e la forza di pretendere eccellenza e miglioramenti che spesso richiedono sforzi, sofferenze e tempi definiti, in un ambiente non sempre edulcorato e privilegiato.
Parafrasando Marchionne quando diceva che dovremmo tornare ad un mondo caratterizzato anche da doveri, non solo da diritti, sostengo che prima di aspettarci o più ancora pretendere fiducia, dobbiamo chiederci se abbiamo creato almeno le condizioni minime per meritarcela.